La notizia degli ultimi giorni per cui, dal 2018, si accederà all’Esame di Stato (così detto esame di maturità) con semplicemente la media del 6, in cui anche la condotta verrà presa in considerazione nel calcolo, ha dell’agghiacciante.
Chi ha viaggiato o vissuto all’estero, può aver sentito l’elogio della preparazione degli studenti italiani, tanto quelli che escono dalle scuole superiori, quanto i laureati. La cultura acquisita specialmente durante gli anni delle scuole superiori, derivante tanto dallo studio della traduzione latina, quanto alla risoluzione di limiti e derivate in matematica, permette agli studenti italiani di essere degli ottimi candidati per le università di tutto il mondo e a giocare ad armi pari con colleghi di altre nazionalità.
Proprio per questo motivo, non mi riesco a capacitare del motivo per cui, in Italia, da un po’ di anni, stiamo cercando di demolire completamente il nostro sistema di scuola e università pubbliche di alta qualità. Una domanda cara al prof De Mauro che ci ha lasciato da poco tempo.
Siamo nella condizione di un eccellente maratoneta che, riconosciuto per la sua bravura, si spara ad un piede prima dell’inizio della competizione? Ha un senso questo? A me sembra di no.
Oltretutto, se gli schieramenti politici vogliono dire ancora qualcosa, mi permetto di sottolineare che da un partito di centro-sinistra e progressista, come il PD, mi aspetterei un approccio diverso.
Dico questo perchè questa trovata della media del 6 per accedere all’Esame di Stato, non solo fa male al Paese e delegittima la scuola pubblica, ma, allo stesso tempo, fa un grave torto ai suoi cittadini in età di scuola superiore.
Se infatti crediamo, come dice sempre mia nonna, maestra elementare ora in pensione, che a scuola ci si va per imparare ed accrescere la cultura e non per prendere solamente un pezzo di carta, è abbastanza esplicito uno dei gravi effetti che provocherà questa nuova misura adottata dal Governo: si innescherà inevitabilmente una corsa al ribasso, una ricerca non tanto dell’eccellenza quanto del minimo indispensabile (tanto, mi basta la media del 6 per uscire e diplomarmi).
In più, ed eccola la mia riflessione progressista, si perderà uno dei valori più importanti fondativi del sistema educativo pubblico: il fatto di dare a tutti le stesse mezzi ed opportunità assicurando che tutti partano dagli stessi blocchi di partenza, a prescindere dalla ricchezza e dal background familiare (non vi ricorda qualcosa?).
Io temo, in fatti, che questa nuova misura accentuerà il fenomeno per cui chi avrà una famiglia benestante, in grado di poter pagare lezioni o addirittura scuole private per i propri figli, oppure con un buon background culturale, capace di sopperire alla corsa al ribasso di cui sopra, riuscirà a vedere i propri figli raggiungere buone posizioni di carriera o accedere alle migliori università.
Chi, invece, non avrà tutto questo, sarà spinto ad accontentarsi (tanto all’Esame di Stato ci si va comunque) e non avrà gli stessi mezzi che lo Stato, violando la stessa Costituzione, si è rifiutato di dargli proponendo la media del 6 per accedere all’Esame di Stato.
In conclusione, cari Gentiloni, Fedeli e Poletti, che va citato visto le sue dichiarazioni sul 97 piuttosto che 110, avete considerato che questa nuova misura della media del 6 praticamente annulla ancora di più la mobilità sociale, non permettendo alla ragazza o al ragazzo, che senza un background monetario o culturale ambisce alle mete più alte, di raggiungere i suoi obiettivi?
Io vi invito a riflettere perché tutto ciò non solo nega i principi e valori progressisti tipici del PD e della sinistra, ma anche la stessa Costituzione della Repubblica (sì, quella di prima era una citazione indiretta all’Articolo 3 sulla uguaglianza formale e sostanziale)