Una riflessione progressista sulla media del 6 

La notizia degli ultimi giorni per cui, dal 2018, si accederà all’Esame di Stato (così detto esame di maturità) con semplicemente la media del 6, in cui anche la condotta verrà presa in considerazione nel calcolo, ha dell’agghiacciante.

Chi ha viaggiato o vissuto all’estero, può aver sentito l’elogio della preparazione degli studenti italiani, tanto quelli che escono dalle scuole superiori, quanto i laureati. La cultura acquisita specialmente durante gli anni delle scuole superiori, derivante tanto dallo studio della traduzione latina, quanto alla risoluzione di limiti e derivate in matematica, permette agli studenti italiani di essere degli ottimi candidati per le università di tutto il mondo e a giocare ad armi pari con colleghi di altre nazionalità.

Proprio per questo motivo, non mi riesco a capacitare del motivo per cui, in Italia, da un po’ di anni, stiamo cercando di demolire completamente il nostro sistema di scuola e università pubbliche di alta qualità. Una domanda cara al prof De Mauro che ci ha lasciato da poco tempo.

Siamo nella condizione di un eccellente maratoneta che, riconosciuto per la sua bravura, si spara ad un piede prima dell’inizio della competizione? Ha un senso questo? A me sembra di no.

Oltretutto, se gli schieramenti politici vogliono dire ancora qualcosa, mi permetto di sottolineare che da un partito di centro-sinistra e progressista, come il PD, mi aspetterei un approccio diverso.

Dico questo perchè questa trovata della media del 6 per accedere all’Esame di Stato, non solo fa male al Paese e delegittima la scuola pubblica, ma, allo stesso tempo, fa un grave torto ai suoi cittadini in età di scuola superiore.

Se infatti crediamo, come dice sempre mia nonna, maestra elementare ora in pensione, che a scuola ci si va per imparare ed accrescere la cultura e non per prendere solamente un pezzo di carta, è abbastanza esplicito uno dei gravi effetti che provocherà questa nuova misura adottata dal Governo: si innescherà inevitabilmente una corsa al ribasso, una ricerca non tanto dell’eccellenza quanto del minimo indispensabile (tanto, mi basta la media del 6 per uscire e diplomarmi).

In più, ed eccola la mia riflessione progressista, si perderà uno dei valori più importanti fondativi del sistema educativo pubblico: il fatto di dare a tutti le stesse mezzi ed opportunità assicurando che tutti partano dagli stessi blocchi di partenza, a prescindere dalla ricchezza e dal background familiare (non vi ricorda qualcosa?).

Io temo, in fatti, che questa nuova misura accentuerà il fenomeno per cui chi avrà una famiglia benestante, in grado di poter pagare lezioni o addirittura scuole private per i propri figli, oppure con un buon background culturale, capace di sopperire alla corsa al ribasso di cui sopra, riuscirà a vedere i propri figli raggiungere buone posizioni di carriera o accedere alle migliori università.

Chi, invece, non avrà tutto questo, sarà spinto ad accontentarsi (tanto all’Esame di Stato ci si va comunque) e non avrà gli stessi mezzi  che lo Stato, violando la stessa Costituzione, si è rifiutato di dargli proponendo la media del 6 per accedere all’Esame di Stato.

In conclusione, cari Gentiloni, Fedeli e Poletti, che va citato visto le sue dichiarazioni sul 97 piuttosto che 110, avete considerato che questa nuova misura della media del 6 praticamente annulla ancora di più la mobilità sociale, non permettendo alla ragazza o al ragazzo, che senza un background monetario o culturale ambisce alle mete più alte, di raggiungere i suoi obiettivi?

Io vi invito a riflettere perché tutto ciò non solo nega i principi e valori progressisti tipici del PD e della sinistra, ma anche la stessa Costituzione della Repubblica (sì, quella di prima era una citazione indiretta all’Articolo 3 sulla uguaglianza formale e sostanziale)

Cercando la coerenza dove non ci puo’ essere. Storia di ponti e di elezioni.

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Cosi’ su due piedi mi viene da fare una riflessione a seguito dell’ultimo annuncio sul ponte di Messina da parte del Presidente del Consiglio.
In molti ci chiediamo come mai la coerenza sia sparita (premesso che ci sia mai stata) dall’insieme delle virtu’ dei nostri uomini di Stato.
Matteo Renzi, come giustamente stanno segnalando in molti in questo periodo, nel 2010 si era espresso contrario al ponte sullo stretto, dicendo di preferire opere piu’ utili come l’estensione della banda larga su tutto il territorio nazionale.
A dir la verita’ non e’ la prima volta che Matteo Renzi esprime la propria opinione su di una questione e poi si cimenta in un’inversione a U.
Se si guarda al panorama politico nazionale ed internazionale, ci si rende conto che tale condotta non e’ cosi’ insuale ed ormai, con il caso Donal Trump negli Stati Uniti, ha raggiunto un tale livello che ormai ne siamo assuefatti ed abituati.
Chi, come anche il sottoscritto, non ha ancora perso completamente la voce e la voglia di sottolineare queste giravolte di politici dalla memoria corta, si appella molto spesso al concetto di coerenza, chiedendo che vi sia un collegamento logico tra dichiarazioni a distanza di qualche anno.
Essendo ancora qua a predicare sulla necessita’ di tornare ad una politica coerente, oggi mi son fermato a pensare al perche’, nonostante tutto, la mancanza di coerenza si sostanzialmente tollerata da noi membri dell’elettorato, o comunque non percepita come qualcosa di grave.
Io non sono un politologo, e prometto che mi impegnero’ a fare qualche ricerca piu’ seria di articoli o pubblicazioni di chi ha gia’ scritto qualcosa a riguardo, ma cosi’, ad istintio, mi verrebbe da pensare che la mancanza di coerenza da parte del ceto politico derivi anche un po’ da noi stessi elettori.
Viviamo in un periodo storico in cui, per fortuna, esiste la democrazia, ed ogni uno di noi e’ chiamato ad esprimere la propria preferenza su chi ci governa e sul suo programma politico.
Ahime’, anche se trovo che la democrazia sia uno dei concetti piu’ belli che possano esistere nella nostra cultura politico-giuridica, ho paura che sia proprio questa che alimenta l’incoerenza. Ormai abbiamo notato tutti, ed i grillini ce lo insegnano, che con Facebook e Twitter ed altri social media, si riesce ad influenzare molto l’operato di un capo di governo o di un gruppo parlamentare, sia nel bene, si pensi alla vicenda di Beatrice Lorenzin e del Fertility Day, e nel male.
I politici che sono sopravvissuti, oppure addirittura nati, nell’epoca del digitale, si sono abituati a fare i conti con una perenne espressione di consenso o dissenso da parte dell’elettorato e questo, di conseguenza, ha insegnato loro come intercettare e guadagnare voti in maniera rapida ed efficace: dicendo alla gente cio’ che vuole sentire per poi, una volta eletti, compiere quelle famose inversioni ad U menzionate in precedena.
Tutto questo, assieme probabilmente all’assenza di ideologie che facevano da collante in tempi passati, porta ad avere delle figure di politici trasformisti, che possono cambiare idea su di una determinata questione, come appunto riguardo il ponte sullo Stretto, sulla base della direzione verso cui sta soffiando il vento generale.
Renzi, ovviamente, non e’ l’unico esponente che adotta questo modo di fare, Hollande in Francia lo esercita anche esso molto bene, si pensi solo alla posizione sui migranti in cui lui, socialista, insegue Marie Le Penn, di estrema destra.
Come mai ci siamo ridotti a questo punto?
La risposta che mi do io a questo domanda e’ che i nostri politici attuali hanno la memoria corta perche’ glielo permettiamo noi membri dell’elettorato.
Quale sarebbe la soluzione a tutto cio’?
Secondo me, oltre che ad essere intransigenti quando si notano delle inversioni a U, sarebbe quello di innescare un meccanismo di ripulitura da parte di questi trasformisti della politica proprio quando si esprime il voto. Se ci accontentiamo di valutare un candidato per le promesse concrete che ci fa, piuttosto che per i principi generali ed astratti a cui si appella, e’ chiaro che vinceranno sempre coloro i quali assomigliano piu’ a dei televenditori di pentole, esperti di marketing, piuttosto che coloro i quali indicano dei principi inspiratori che guideranno il loro mandato politico.
E’ chiaro poi, pensando ad Oscar Wilde, il quale affermava che solo un cretino non cambia idea, che il cambiare opinione su di una questione non e’ necessariamente qualcosa di negativo, ma le inversioni a U, come accade nella giurisprudenza ad esempio, vanno spiegate, giustificate e motivate, anche a costo di rischiare di rimetterci la prorprio poltrona.
E’ probabile che questo discorso suoni molto idealista ed ingenuo, ma credo che l’Italia, come il resto del mondo, avrebbe bisogno di un rinnovamento della qualita’ del nostro corpo politico e credo che questo sia possibile elevando alcuni principi, come appunto la coerenza, ad una posizione superiore al mero interesse personale o del proprio gruppo.

Quando si perde lo si deve riconoscere ed agire di conseguenza

Scrivo queste righe a seguito dei risultati stravolgenti per il M5S che si sono pero’ abbattuti come una valanga contro il PD (che ritengo ancora essere il partito in cui piu’ mi identifico).

Se crediamo ancora che esista un certo codice etico in politica e all’interno di un partito come il PD, di cui di questo e’ andato sempre molto fiero, vorrei suggerire al premier, nonche’ segretario di partito e al suo entourage vedi ad esempio Deborah Serracchiani, una delle due attuali vicarie renziane, di non perdersi ad indugiare di dimettersi.

La sconfitta di Roma non si tratta solo di una vergogna per un grande partito come il Partito Democratico ma anche di un palese fallimento del metodo applicato dalla Renzi & co.

Il sindaco Marino poteva essere il peggiore del mondo ma era stato eletto dai cittadini e ai cittadini doveva rispondere, non a Matteo Orfini e ai mal di stomaco del PD. Bisogna ammetterlo, i romani ed il resto degli italiani che ha votato non sono degli stupidi, hanno bocciato pienamente un approccio politico poco trasparente (come ad esempio il commissariamento di Roma al posto che le elezioni immediate).

Se veramente si vuole iniziare a lavorare per lavarsi la faccia e recuperare questa fiducia ormai persa nel nostro partito e’ bene che non solo gli oppositori interni di Renzi ne chiedano le dimissioni, ma che sia lui stesso ed il suo staff a darle.

Oltretutto, vorrei far notare, che Matteo Renzi e’ Presidente del Consiglio in quanto segretario nazionale del PD, per cui, aggiungerei come argomento alla necessita’ delle dimissioni, il fatto che un passo indietro viene richiesto proprio perche’ si e’ stranamente collegato al posto di segretario di partito anche la nomina di premier.

Sono consapevole che a quanto sto dicendo ora qualcuno, in stile Boschi, mi dira’ “le dimissioni getterebbero il Paese nel caos”. A questo vorrei rispondere che, nel bene o nel male, l’agire politico crea inevitabilmente dei precedenti che vanno rispettati anche perche’ il tutto singificherebbe far affondare definitivamente la credibilita’ del partito.

Qui non e’ solo una questione di dimissioni del capo della ditta (detta alla Bersani maniera) ma anche il fatto di riscontrare che a Roma come in altri posti, il PD non e’ piu’ il primo partito e questo puo’ significare solo una cosa. Si e’ investito esageratamente nelle singole persone e non nelle idee (ed oserei dire anche ideali), giustificando il tutto con le necessita’ legate alla crisi economica italiana.

Usando una frase che ho sempre citato in ogni mio discorso politico e che non smettero’ mai di far in futuro, Giovanni Falcone diceva sempre “gli uomini passano, le idee restano. Restano le tensioni morali che continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.

Ora come ora, non si sa bene cosa voglia dire essere del PD, se non essere fan di Matteo Renzi, ed e’ questo che ci sta distruggendo come partito, trasformandoci da gruppo di persone con idee a mero comitato elettorale, una trasformazione che alla gente non piace e con queste elezioni ce lo ha dimostrato.

Who is scared of mentioning international law?

img_3978.jpgI decided to start writing this post while I am attending the debate of three of the candidates to UN Secretariat General. I entitled this post mentioning the fear of international law because, after about one hour of debate, I have not heard a mention of international law yet.

For a lawyer interested in international law this is very sad,  especially because the  UNSG is the guardian of the UN Charter, the current basis of the international legal system.

The only few mentions of international legal elements were referred to human rights but no mentions at all to the law of the use of armed force and other issues related to states’ responsibility under international law.

Several ideas suggested by the candidates, such as “developing of trust”or  “transparency”, could be put in practice through international legal tools but again, no mentions at all.

I heard the words “peace” and “politics” very much and this fact, together with the absence of “law”, makes me think about something.

It seems that international law scares many people and  many believe that the management of the international community is only a political issues and it does not concern law in its international dimension.

I believe that a general enforcement of a principle of legality over international relations and the strengthening of international judicial bodies such as the ICC and ICJ are very necessary today, especially after the numerous violations of international law occurred in cases such as the Iraq invasion and so on.

I am wondering what stops the candidates to mention international law and bodies such as the ICC and ICJ. What does really scare the candidates?

 

The Synecdoche of Human Rights and their meaning in 2016

Human Rights are often compared to figures of speech and I will follow this trend comparing them to something that have never been compared to: in 2016, human rights embody more a synecdoche rather than other figures of speech.

A synecdoche is a figure of speech used since the ancient Greek epic literature and is based on the idea of indicating something using just a part of it. For instance, in Homer poems, Achaeans’ ships were often described as “the Achaeans’ sailings”.  There is nothing more similar to this in our current speech regarding human rights today.

Along the history of this concept, the idea of human rights has acquired a number of meanings, usually always united under the idea of ‘human being’. Therefore people speak about human rights referencing to the protection of the individual before the state, civil rights, but human rights are also used to indicate the set of basic elements which guarantees the social and economic dignity of the individual, social and economic rights.

The fact that the concept of human rights is composed by several meanings was not something new but with these few lines I would like to underline something, linked to the idea of synecdoche. The concept of “rights” per se comes from the legal realm of contracts and property law. It was exactly the strategy of French and American revolutionaries to anchor a moral-philosophical concept, namely the idea of inherent rights for the mere fact of being human, to a legal institution of private law.

The legal dimension of the term “right” has never vanished with the time: in fact it was used to reinforce and protect that philosophical-moral claim aimed at protecting the human being from a number of abuses, but, in 2016, that is not the only dimension of the concept of human rights.

I decided to write this short post after having read several criticisms about the concept of human rights. The majority of critics usually, more or less intentionally, confuse several layers of the concept of human rights together with different chronological phases of the evolution of the term and its meaning. For example, it is not rare that critics of the idea of human rights referred to liberal and western values, evidentially referencing to Europe and U.S. of 19th century, meanwhile forgetting the development of this concept of 20th century, especially after 60s, the period of the decolonisation, in which the concept of “right” was used as an instrument of enfranchisement from colonial domination.

The concept of human rights, as other important concept and idea, have inevitably been shaped through the ages, shifting from a legal concept belonging to a specific legal tradition to a concept which aspire to be universal. That is why criticisms based on the connection between human rights and liberal-European-Western tradition appear to me a bit obsolete.

9th May in Italy


I decided to write few lines in English in order to explain what 9th May for Italy means. There are too many cliches about Italy and its problems with corruption, political instability and criminality and a number of those cliches are fuelled by Italins themselves living abroad. I would like to go against the common trend explaining the value of the two anniversaries of today and why I am proud of the people we remember in this day of May.

On May 9 1978, two events shocked the whole Itaian Republic. While in Rome, in via Caetani, the corpse of Aldo Moro, Chief of the Government of that time and kidnapped by the Brigate Rosse (a terrorist group), was found, in Cinisi, a small town close to Palermo, another corpse was found, the one of Giuseppe, known as Peppino, Impastato, a brave activist against mafia in Sicily.

These two figures have very few in common,  if they had met  they probably would have hated each other, but nonetheless they embodied two hopes for the future of this country. 

Also Moro belonged to the Catholic Party known as Democrazia Cristiana and he adhered to what was known to be the left-wing group of that party. Moro became famous for the “historical compromise”, consisting in a political peace between two traditional adversaries, the Italian Comunist Party and Moro’s party, closer to the Catholic Church. 

Giuseppe Peppino Impastato was an activist agains mafia in his little town of Cinisi. Inspired by left-wing ideals, he fough mafia and people silence about it through the use of radio, civil commitment and irony. He was a secular version of St. Francis as at a certain point of his life he decided to leave his family part of the mafia establishment of his town. 

Both these two characters were found murdered in this very day in 1978. At that time Impastato was less famous than Moro and the news of the assacination after a long period of captivity of Moro was widespread more than Impastato assassination, also because the mafia killers of Impastato try to mask as a suicide the murder.

This brief article is for sure not enough to convey the importance and the complexity of these two protagonist on the Italian 20th century but I hope that a some sort of curiosity has passed from the article to the readers.

I want to conclude saying why these two figures are important and inspiring for the future of Italy in my view. Both fought and paid with life their attempts to broke traditional Itaian cliches, on the longevity of the mafia and the impossibility to reconcile Catholics and Comunists. They were and are symbols of the capacity of imaging changes fro the future, they were, each of them in their way, symbols of a progressive way of thinking. With their efforts until the death, they demonstrate that things can change if we really want to do it.

A problem behind bombing hospitals

Syrians evacuate a toddler from a destroyed building following a reported air strike on the rebel-held neighbourhood of al-Kalasa in the northern Syrian city of Aleppo on April 28. (Ameer Alhalbi/AFP/Getty Images)

The majority of us is shocked by what happened, for the second time, in Aleppo last Wednesday. Civilians and and non-military buildings, such as hospitals, are being targeted by the regime of Bashar Assad with the justification of the fight to terrorism. Honestly, I do not want to take a partisan position for one of the two sides, there are too many factious arguments outside, but it is enough. The situation is reaching unsustainable points, dangerous for the whole international community and surprisingly ignored by the media and the governments.

In the law of armed conflicts there are some provisions which regulate the targeting, that is the choice of the places over which a military attack can be launched. Hospitals, schools, civilians buildings and infrastructure containing dangerous forces are generally excluded by the list of possible objectives and this for a specific reasons. The law in war, known also as jus in bello, is designed in order to reduce unnecessary suffering in order to permit the humanity to arise again after the conflict. In fact, this means putting humanity and not war or states’ interests at the highest peak of the hierarchy of the principles of the international community.

Therefore, what does it mean bombing an hospital? What is the problem behind it? Simple, the change of that hierarchy of principles. If governments decide to produce unnecessary suffering or, put in another way, suffering justified only by geopolitical and strategic aims, the ideal behind the concept of humanity died.

The death of the concept of humanity could appear as a metaphor or mere symbolism but it is not. It means losing any basis and rationale for the law of armed conflicts, which means opening the doors to unregulated violence, potentially destructive for the whole world.

With the bombing of hospitals and other similar facts, consisting in breaches of international law, it seems we are doing too many steps back to a past scenario in which the only rules were dictated by the interests of governments.  Therefore, let me say, that we cannot be worried about the dangers of the climate change or to find water on Mars in order to live there if we are risking, without understanding it, to destroy our world with our bombs because we are not able to respect our own rules and going beyond the mere short-period interests and looking at what it is good for the future of all of us.

Essere di Sinistra significa avere fede in un futuro privo di sofferenza

 Questo pomeriggio mi è capitato di vedere due cose sul web che hanno risvegliato in me una continua riflessione, cominciata da quando ho fatto la prima volta la tessera del Partito Democratico, che non era quello di adesso.

La prima delle due cose è stata una imitazione di Sabina Guzzanti di Giorgia Meloni candidata sindaco. Su di un cartellone elettorale, che ricorda la vecchia imitazione della stessa Guzzanti di Silvio Berlusconi anni fa, la Guzzanti-Meloni dice “votate me che sono di destra, anche se ormai sono di destra tutti, da Berlusconi all’Unità”.

Il secondo contributo che ho notato è un articolo di Oliver Meiler, annesso di foto, tradotto da Internazionale, sul muro austriaco del Brennero.

Sia il video comico che l’articolo meno comico mi hanno fatto pensare al fatto che, in effetti, l’Italia, come l’Europa, si sta svuotando della sinistra e dei suoi ideali, sparizione di cui si sono resi complici i partiti così detti di sinistra che hanno ripensato i propri ideali sulla base del conservatorismo che ultimamente va molto più di moda. Non sono nemmeno meno complici quelli degli antichi revival, coloro i quali scambiano per “sinistra” la riesumazione di concetti come “lotta di classe” o “socialismo” sbandierandoli come dei santini e dondogli piena fiducia, quasi come una panacea per ogni tipo di male.

Io mi dico che nulla di tutto ciò serve in questo momento. Serve, piuttosto, una riflessione su ciò che vuol dire essere di sinistra. Questo sapete perché? Perché sicuramente l’emergenza migranti come la crisi economica, prima o poi, finiranno in qualche modo però cosa rimarrà? Rimarrà che se non ci interroghiamo una volta per tutti su queste domande, finirà che rimarremmo ancora con partiti che sfruttano la paura dell’elettorato, quelli di destra, e partiti che, per colpa di una potente crisi di identità, si adatteranno, seguendo le indagini di mercato, ai gusti della maggioranza.

Io dico, invece, che è giunto il momento di prendere in mano la situazione e di definire l’essere di sinistra con idee affermative e non modellate sul negativo, secondo la moda del “anti-berlusconismo” “anti-qua” ed “anti-là”. Essere di sinistra significa avere le idee chiare verso il futuro, non aver paura del cambiamento, esser sempre dalla parte del più debole nell’ottica di costruire un futuro giusto, in cui la sofferenza del genere umano sia ridotta a zero.

Questo è esser di sinistra e questo bisogna che ci mettiamo nella testa perché, purtroppo, in questo momento vedo solo partiti uni personali che mandano avanti persone piuttosto che idee. Chi è di sinistra deve fare esattamente il contrario, mandare avanti le idee prima delle persone!

Referendum trivelle: la capacità di guardare al futuro

Sul referendum del 17 aprile si stanno dicendo molte cose e si ascoltano molte argomentazioni di varia natura per il sì e per il no. In queste poche righe vorrei offrire una prospettiva per cui votare e votare sì.

Chi è contrario al referendum spesso argomenta dicendo che l’Italia ha bisogno di trivellare dove sta trivellando attualmente (e dove si bloccherebbe gradualmente se vincesse il sì) per il proprio fabbisogno energetico.

Come prima cosa, è stato dimostrato che se fosse estratto tutto il petrolio presente in Italia, questo coprirebbe il fabbisogno energetico italiano per poche settimane. Dopo quelle settimane saremmo costretti ad importare energia in ogni caso.

Come seconda cosa, vorrei domandare a chi argomenta in tal senso, siamo veramente così poco capaci di vedere questo referendum come una svolta per questo nostro paese verso le energie rinnovabili o comunque tecniche che non rovinino o rischino di ronvinare uno degli ambienti più spettacolari al mondo, quello Italiano?

Veramente riusciamo a mettere sullo stesso piano, facendo vincere il primo, il costo di una possibile bolletta ed il rischio di uno spargimento di petrolio sulle coste dell’Adriatico o i danni che una trivella può fare all’ecosistema mediterraneo?

Quando è che siamo diventati così insensibili? Quando è che abbiamo perso la capacità di guardare al futuro?

Siamo una società che sta relativamente bene rispett il resto del mondo, siamo orgogliosi del nostro Paese, ma, nonostante tutto, abbiamo imparato a ragionare monetizzando tutto e, per questo motivo, non riusciamo a valorizzare l’ambiente come meriterebbe.

Signori, io voto sì al referendum de 17 aprile proprio per lanciare un messaggio chiaro al Governo ed al Parlamento che bisogna cambiare passo rispetto la politica energetica di questo Paese, in cui abbiamo meno pannelli solari della Germania.

Votiamo tutti sì, pensiamo al futuro, pensiamo al lungo periodo, lanciamo un messaggio chiaro a chi ci governa.

Ripiegati su di un presente inconcludente, incapaci di guardare al futuro

Verso quale Italia stiamo andando? Democrazia messa sotto il tappeto per far spazio ad Expo e Giubileo, soubrette della comunicazione che vengono assunti da papi e declinano inviti allo specchietto per le allodole fiorentino annunciando il loro stato di gravidanza, trascinando il paese in un gossip sul nome del padre.
Chi dovrebbe fare da guida ed esempio o se ne è andato oppure pensa solo al taglio dei suoi nuovi pantaloni.
Forse non abbiamo toccato ancora il fondo, ma prima o poi dovremmo risalire da questo incubo.

Gli intellettuali rinchiusi nelle proprie torri d’avorio, il politico di professione incapace di dare forma ad un progetto che vada al di là della sua rielezione. Pare che nessuno possa o voglia assumersi la responsabilità di pensare più in grande e di avere voglia di cambiare il presente pensando al futuro.

C’è chi parla di Medioevo, ma forse è un’epoca peggiore, un’epoca in cui crediamo di avere tutto quello di cui abbiamo bisogno ma ci dimentichiamo di sfruttare la ricchezza materiale per accrescere quella intellettuale. Ipad utilizzati come status symbol piuttosto che per comprare un ebook di un grande classico di letteratura italiana o straniera.

Quando è che abbiamo imparato ad accontentarci? Qunado abbiamo imparato a rinunciare a seguire utopie che, per quanto impossibili, ci fanno fare passi in avanti verso qualcosa di migliore?

La corruzione che ci circonda ci ha trasmesso il peggiore dei suoi mali, ci ha messo dei freni alla nostra immaginazione e alla voglia di osare. Crediamo che tutto sia perduto e ci consoliamo andandoci a comprare un budino al cioccolato al supermercato.

Giovani che cantano come vecchi, adulti mai invecchiati ed anzi regrediti ad età più giovani di quelle dei propri figli.

La noia ci porta a sperimentare tutto senza accorgerci che senza una idea in testa possiamo visitare qualsiasi luogo e comprare qualsiasi cosa ma rimmarremmo sempre scontenti ed insoddisfatti.

Queste non sono solo righe di protesta, sono anche un tentativo per capire se più di qualcuno ha queste stesse sensazioni. Vorrei che tutti i lettori di queste righe scritte di getto, non commettessero lo stesso errore descritto qui, che non si ripieghino su se stessi e su questo schifo, ma che tutto ciò sia uno stimolo per cercare di andare oltre, immaginare e cercare di raggiungere quella immaginazione.